Violenza online, un videogioco del CNR di Catania per contrastarla. Parano. Agenzia Dire

Progetto per un approccio sano alla socialità mediatica

CATANIA – Un videogame interattivo rivolto ai bambini e agli adolescenti contro la violenza online, è il nuovo progetto dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Catania. “In questo periodo di emergenza sanitaria– spiega all’agenzia di stampa Dire, Enrico Parano, neurologo pediatra e responsabile della sede CNR di Catania- l’uso di internet, dei social e di videogiochi online è aumentato in modo esponenziale tra i minori costretti a casa, esponendoli ulteriormente ai rischi della rete. Abbiamo pensato di creare un gioco adatto a loro, per renderli più consapevoli e meno vulnerabili ai pericoli e per un approccio sano alla socialità mediatica”. La progettazione del videogioco, iniziata nel 2020, è parte integrante del progetto di ricerca multidisciplinare dell’IRIB CNR di Catania ‘Maltrattamenti e abusi sui minori, correlazioni cliniche, genetiche e epigenetiche’ e ha coinvolto esperti in Internet addiction, biotecnologia, robotica, neuropsichiatria.

“Il videogioco è destinato ad una fascia d’età compresa tra i 5 e i 15 anni- aggiunge Xena Pappalardo, dottoranda in Biotecnologia e referente del progetto- e nasce in collaborazione con i ricercatori IRIB di Messina. È un modo veloce e facile per apprendere giocando, con cui intendiamo unire l’aspetto ludico e formativo per fare prevenzione, in modo stimolante e divertente“. Cyberbullismo, cyberstalking, fishing, adescamento, body shaming, revenge porn sono i reati sul web che colpiscono in numero sempre più preoccupante i minori“Le conseguenze sono molteplici- prosegue Xena Pappalardo- dai disturbi del comportamento a quelli alimentari, passando per l’isolamento. Ricevere un insulto, una molestia virtuale è tanto forte e tangibile, quanto quello che avviene nella realtà fisica e ha importanti effetti neurobiologici. Il nostro obiettivo non è solo valutare l’effetto, ma correggere il circuito neuronale deviato dall’impatto negativo, causato dalla violenza digitale, spesso più subdola e sottovalutata”.

 

Articolo originale pubblicato su Dire: dire.it