Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili

Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili

La frase è attribuita al famoso statistico George Box.


Oggi è l’8 giugno, una data speciale, perché è il giorno in cui secondo alcuni modelli epidemiologici avremmo raggiunto il picco di occupazione delle terapie intensive con centinaia di migliaia di ricoverati. Ovviamente non avremmo mai potuto avere centinaia di migliaia di ricoverati e quindi ci sarebbero state centinaia di migliaia di morti.
Oggi invece sono 283 le persone in TI e 65 i decessi. Una differenza di tre ordini di grandezza.
Cerchiamo di capire perché.


La prima apparizione dell’aforisma di Box, compare in un articolo del 1976 in due sezioni importanti del manoscritto:
2.3 Parsimonia
Poiché tutti i modelli sono sbagliati, lo scienziato non può ottenerne uno “corretto” con un’elaborazione eccessiva. Al contrario, seguendo il principio del rasoio di Occam dovrebbe cercare una descrizione economica dei fenomeni naturali.
2.4 Preoccuparsi in modo selettivo
Poiché tutti i modelli sono sbagliati, lo scienziato deve stare attento a ciò che è sbagliato. È inopportuno preoccuparsi dei topi quando ci sono le tigri.

Ora sarebbe davvero notevole se qualsiasi sistema esistente nel mondo reale potesse essere rappresentato esattamente da qualsiasi modello. Tuttavia, i modelli parsimoniosi scelti con astuzia spesso forniscono approssimazioni molto utili. Ad esempio, la legge PV = RT relativa alla pressione P, al volume V e alla temperatura T di un gas “ideale” tramite una costante R non è esattamente vera per qualsiasi gas reale, ma spesso fornisce un’approssimazione utile e inoltre la sua struttura è informativa in quanto nasce da una visione fisica del comportamento delle molecole di gas. Per un modello di questo tipo non è necessario porre la domanda “Il modello è vero? Se “la verità” deve essere “tutta la verità” la risposta deve essere “No”. L’unica domanda interessante è: “Il modello è illuminante e utile?”

Pensare che la realtà combaci con un modello o che un modello sia una previsione del futuro, è una ingenuità tipica di molte persone (a volte purtroppo anche di alcuni scienziati). Pensare che per questo i modelli siano inutili, è un’ingenuità tipica di molte altre.

L’utilità dei modelli è spesso evidente nel campo della fisica o dell’ingegneria. Grazie ai modelli possiamo far volare gli aerei, costruire le case e usare il GPS. Se dovessi costruire una casa userei delle riproduzioni in scala (che sono modelli analogici ma pur sempre modelli) e le leggi di Newton, se dovessi progettare un GPS dovrei usare il modello più complesso della relatività di Einstein perché le leggi classiche della fisica non sarebbero sufficientemente precise per lo scopo.

Le leggi della fisica però non le possiamo cambiare, il comportamento umano si. Oltre ad essere più complesso e quindi i modelli meno precisi, quando abbiamo a che fare con sistemi che possiamo alterare, un modello ci darà sempre uno scenario di un mondo che non si avvererà.

Se usate il navigatore e Google vi segnala una strada alternativa per evitare il traffico, state usando un modello. Se cambiate strada e non trovate il traffico, il modello sarebbe stato sbagliato? Se tutti seguissero le indicazioni di Google e quindi la strada iniziale non fosse più trafficata ma il traffico si fosse distribuito equamente tra le due strade, il modello sarebbe stato sbagliato? La risposta è no ad entrambe le domande, siete voi che avendo cambiato il comportamento, avete cambiato il risultato.

Lo stesso vale con i modelli epidemiologici o quelli climatici. Lo stesso vale nell’economia (parte della crisi economica del 2008/9 è stata provocata proprio da questo: tante persone hanno messo in atto un comportamento “furbo” sulla base di un modello, che a quel punto non era più così furbo visto che tutti hanno fatto la furbata, ma questo è per un’altra puntata sulla Teoria dei Giochi). Se il mondo non finirà a rotoli tra 50 anni perché abbiamo adottato un’economia “Green”, questo significherà che i modelli climatici erano sbagliati?

In generale, quando si costruiscono modelli statistici, non bisogna dimenticare che l’obiettivo è quello di capire qualcosa del mondo reale. O prevedere, scegliere un’azione, prendere una decisione, riassumere le prove. Quando un modello prevede il disastro, sappiamo che quel modello non si verificherà. Quel modello serve da monito affinché non si verifichi.

I modelli dell’epidemia di SARS-CoV-2

Non possiamo assumere che i modelli fossero sbagliati solo perché, avendo cambiato il nostro comportamento, non si sono verificati, ma non possiamo neanche assumere come causa della riduzione il lockdown -solo- perché ha preceduto la riduzione dei casi. C’è però una differenza. 
Possiamo vedere cosa succede in differenti nazioni. L’epidemia e i morti diminuiscono in Svezia? In Brasile? Cosa sta succedendo in Iran? Basta guardarsi intorno per vedere come le politiche di contenimento influiscano sull’epidemia ed ovviamente possono influire anche altri fattori (che si prova a modellare, come l’effetto delle radiazioni o delle mutazioni).
Bisogna a questo punto fare una distinzione, tra modelli e politica.

Tra scelta dei modelli e considerazioni personali

Esistono realmente scienziati che sono “uccelli del malaugurio” ma soprattutto esistono giornalisti che si divertono un giorno ad annunciare una cosa ed il giorno dopo ad annunciarne un’altra. Un modello sbagliato o con dati incompleti, così come un nuovo farmaco o un nuovo studio, vengono prontamente smentiti, ma spesso sono già fuori a far parlare di sé nei giornali. 
Personalmente non ho mai detto che sarebbero aumentati i casi con le riaperture, ma solo che sarebbero diminuiti più lentamente (cosa che si sta verificando) e non ho neanche mai pensato che avremmo realmente avuto mezzo milione di morti in Italia o che, come qualcuno ha proposto, avremmo dovuto costruire centomila terapie intensive. Sono sempre stato favorevole al lockdown (e contrario a costruire migliaia di terapie intensive). Questo perché gli scenari peggiori alla fine vengono sempre (o quasi) evitati e la cosa migliore (e più economica) da fare per me è sempre stato cercare di evitare la tempesta non cercare di passarci in mezzo.
Questo è il ruolo degli scenari peggiori, essere un monito per cambiare la rotta. 
Ma qui bisogna fare una distinzione. Io posso dire che senza far niente avremmo 500k decessi, un altro scienziato può dire uguale. Questo è il modello. Ma poi io posso dire: andiamo in lockdown, aspettiamo l’estate e ce la caveremo con qualche decina di migliaia di decessi. Un altro scienziato può dire: costruiamo 100k terapie intensive. Questo non c’entra nulla con il modello, ma con le scelte e le opinioni su quale alternativa sia migliore.

Ma se tutto è riaperto perché non sono aumentati i casi in Italia?

Non è tutto come prima:

  1. l’irraggiamento solare, le temperature, l’umidità e l’inquinamento, fattori che molto probabilmente incidono sulla diffusione, sono cambiati rispetto a febbraio
  2. le persone non sono tornate a spostarsi come prima. Se durante il lockdown la mobilità era ridotta del 90%, oggi comunque siamo intorno al 30-40% in meno
  3. è vero che ci sono assembramenti, persone che non usano mascherine, etc. ma ci sono anche tante persone che le usano e che fanno più attenzione
  4. tante attività (convegni, formazioni, scuole, etc.) ancora non sono ripartite
  5. test e tracciamento, anche se lontanamente dall’essere perfetti, funzionano enormemente meglio di prima. Il numero di tamponi pro-capite che facciamo oggi e la velocità di tracciamento è simile a quella messa in campo all’inizio dalla Germania (che si è potuta permettere un “soft” lockdown) e dalla Korea (che si è potuta evitare il lockdown).

Ho sempre pensato che urlare all’untore per il Runner o che preoccuparsi eccessivamente del gruppetto di bambini senza mascherine fosse eccessivo (e trovo folle mandare i bambini a scuola a settembre circondati dal plexiglas o soluzioni simili).
Ho sempre detto che non saremmo tornati in lockdown e lo credo, ma oggi la situazione non è quella di ieri e a questo punto ci siamo dovuti arrivare. Oggi la situazione non è quella di ieri e dobbiamo essere consapevoli del perché, altrimenti si che rischiamo di tornarci.

Accettare che tutti i modelli siano sbagliati non può essere una licenza per ignorare i fatti o il loro potere predittivo

Come società, dovremmo cercare risposte migliori, cercare le prove e sforzarci di aumentare l’accuratezza delle nostre conoscenze.
Allo stesso tempo però c’è un pericolo comune all’altro capo dello spettro. Troppe persone perdono tempo a discutere se qualcosa è corretto, quando dovrebbero concentrarsi sulla sua utilità.
Isaac Asimov scriveva: “Il problema di fondo, vedete, è che la gente pensa che “giusto” e “sbagliato” siano assoluti; che tutto ciò che non è perfettamente e completamente giusto sia totalmente e ugualmente sbagliato”.
Viviamo in un mondo pieno di incertezza, ma abbiamo bisogno di agire e di prendere decisioni. È nostra responsabilità sviluppare un modo di pensare al mondo che generalmente si adatti ai fatti e che ci aiuti a prendere decisioni, ma, come dice il professore di Harvard Daniel Gilbert: “Il mondo non ha il lusso di aspettare risposte complete prima di agire“.

Gli scienziati spesso rifiutano di fare previsioni o rendere pubblici i modelli per paura di essere derisi quando (sistematicamente) non si avvereranno. Gli scienziati hanno una responsabilità scientifica verso la correttezza, ma io credo anche (e soprattutto) che abbiano la responsabilità sociale di fornire risposte utili, seppur imperfette, per aiutare le altre persone a scegliere e ad avere l’onestà intellettuale di specificare la differenza tra un fatto scientifico ed un’opinione informata.

Il sociologo tedesco Ulrich Beck una volta scrisse che “i rischi previsti sono la frusta per tenere in riga il presente“. I modelli hanno lo scopo di fare proprio questo, di evitare che le cose vadano fuori controllo. Non possono fornire certezze – ma sia per il cambiamento climatico che per il coronavirus, possono aiutarci ad evitare il peggio.

Nota: L’immagine è presa dai social network, ha girato molto quindi è difficile ricostruire quale fosse l’autore originale per citarlo.