Una fredda emotività

Una fredda emotività

L’attuale sviluppo della robotica vede quale denominatore comune l’interconnessione alla Rete, al mondo digitale e all’intelligenza artificiale. Ma le macchine possono, oltre che svolgere mansioni per assistere o sostituire l’uomo, provare sentimenti? O sono sempre imparziali? “Un robot, quando viene progettato per l’interazione emotiva con l’uomo, è capace di emulare e combinare numerosi aspetti del nostro comportamento, tra cui il dialogo, l’interazione gestuale, l’espressione delle emozioni attraverso il viso e il tono della voce, il riconoscimento dell’interlocutore”, dice Giovanni Pioggia dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Quindi, un umanoide può raggiungere un alto livello di integrazione sociale, con un grande impatto positivo nella vita delle persone. Ma anche se gli algoritmi forniscono al robot queste capacità apparentemente psichiche, stiamo sempre parlando di macchine che possiamo definire imparziali e che non hanno, almeno per ora, sentimenti come li definiamo in senso umano”.

Proprio questa meccanicità, questa freddezza, pur mascherata da infinite possibilità di scambiare comunicazioni verbali e paraverbali, però, rende l’impiego di robot umanoidi e l’interazione uomo-macchina particolarmente utile in ambiti quali la sanità, l’assistenza, i servizi, anche in integrazione con le terapie cognitivo-comportamentali. Dove una modalità relazionale programmata consente di fornire input e feedback al soggetto umano fragile senza rischiare certe discrezionalità istintive cui anche il più professionale operatore umano è soggetto. “In particolare, in problematiche complesse e ancora poco conosciute come i disturbi dello spettro autistico, caratterizzati da deficit di comunicazione sociale, nonché da interessi e comportamenti limitati e ripetitivi, con difficoltà percettive e di elaborazione sensoriale, gli interventi mediati da robot umanoidi stanno diventando un’area di applicazione promettente”, continua Pioggia. “In questo campo, nel corso della sessione terapeutica, il robot può esercitare un ruolo centrale come mediatore sociale, prendendo i turni, dirigendo l’attenzione, fornendo spunti e sollecitando e rinforzando risposte e comportamenti adeguati in modo naturale e interattivo. Primi risultati di trial clinici dedicati mostrano che minori con disturbi dello spettro autistico, randomizzati in gruppi sperimentali che prevedono l’intervento mediato dal robot, evidenziano miglioramenti nelle competenze emotive e relazionali e nelle abilità sociali, e quindi risulta che i robot possono facilitare l’apprendimento di pattern comportamentali efficaci”.

Lo sviluppo digitale è ormai al centro delle nostre vite e l’integrazione dei robot porterà allo sviluppo di nuovi automi dotati di intelligenza artificiale sempre più performanti e interattivi in termini di supporto alle persone nella vita di tutti i giorni. Ciò produrrà tanti benefici, ma esistono anche dei limiti. “I vantaggi saranno molteplici, soprattutto nell’ambito delle scienze della vita, con particolare attenzione alla salute mentale. Le interazioni con robot dotati di intelligenza artificiale, ad esempio, potranno aiutare nell’assistenza e nel supporto ai bisogni di persone anziane o di disabili in modo ubiquitario, nonché supportare gli operatori stessi nell’ambito della valutazione e della riabilitazione socio-cognitiva e cognitivo-comportamentale, sfruttando la forza delle capacità affettive di autoapprendimento e di relazione dei robot”, conclude il ricercatore “Eventuali limiti sono invece quelli imposti dal livello tecnologico attuale e quelli dovuti all’utilizzo non ancora massivo, che quindi non consente di trarre conclusioni scientifiche stabili, ad esempio, sull’efficacia terapeutica a lungo termine dell’impiego dei robot sociali in ambito assistenziale. Sicuramente, la sfida più entusiasmante è la convergenza fra robotica e Intelligenza artificiale, al cui fascino di applicazioni futuristiche non riusciamo a sottrarci e che ci fa sognare di superare i confini attuali”.

Fonte: Giovanni Pioggia, Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica

Articolo originale:
Naomi Di Roberto, “Una fredda emotività”, Almanacco della scienza n.19 13 Ottobre 2021, http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=11596&id_rub=32&giornale=11777